Dopo Redlie, non esiste un mio personaggio preferito in 436 e dintorni: sono tutti a pari merito.
Però la mia migliore amica Barbara, dopo averlo letto ancora in bozza, circa due vite fa, mi disse: – A me piace il tipo con il soprabito! – Si riferiva alla scena dell’arrivo di James alla stazione di King’s Cross. Redlie lo descrive così:
Indossa un lungo soprabito e occhiali da sole. Tutto rigorosamente nero. Ha i capelli scuri tirati indietro con il gel, pizzo e baffi gli conferiscono un aspetto ancora più fiero. Porta con sé una ventiquattrore.
Se vi interessa come la pensava JMF quel giorno, leggete BLU.
Eccolo qui, James McFarlane, padre latitante per quasi diciotto anni, agli occhi del mondo e della figlia. Un uomo che di cazzate ne ha fatte parecchie, ha passato anche qualche annetto al fresco, ha mollato la sorella Daisy al suo destino con la fetentissima zia Muriel e abbandonato la figlia Redlie ancora in fasce con una madre a dir poco snaturata… e, beh, magari Ale, la madre di Redlie, è diventata così proprio perché James ha fatto il deficiente quando lei non aveva ancora compiuto diciotto anni.
Ma, guardando oltre la rude e antipatica apparenza, James piace tanto anche a me.
Prima di tutto per la sindrome di Ulisse di cui è affetto. Magari dovrei farmi curare, ma gli uomini sfuggenti hanno sempre esercitato un certo fascino su di me. E poi James è uno dei miei pochi personaggi adulti. Lo immagino poco più che quarantenne, indipendente, viaggiatore, sicuro di sé. James non teme la solitudine, anzi cerca proprio l’isolamento ed è assolutamente soddisfatto delle proprie scelte estreme di vita.
Nulla da dire, James è un uomo affascinante (Parere personale, siete liberi di contraddirmi).
Come è accaduto a tanti figli di carta e d’inchiostro di coloro che si cimentano nel genere fantastico, ho sempre immaginato una situazione famigliare allucinante per la povera Redlie, pur con una serie di varianti. Prima di cominciare a scrivere, tra i suoi molteplici possibili background, ce n’era uno in cui un papà stregone ritornava dopo anni di abbandono e la rapiva per insegnarle la magia nera.
Questa versione si avvicina molto a ciò che avviene in 436, anche se Redlie a Londra ci va consenziente e suo padre, che non si sogna nemmeno di rapirla, lo conosce solo un paio di mesi dopo.
James, in questa storia parallela si chiamava John. Ma “John e Sean” da scrivere era bruttissimo e così ho dovuto scegliere tra le seguenti opzioni:
- non fare mai incontrare John (James) e Sean… impossibile! Thunder + Lightning docet
- Cambiare nome a Sean. Avevo in mente due alternative, in effetti: Andrew e Tyler. Ma “Andrew” mi riportava per associazione di idee a Candy Candy e, per la precisione, dritta alla faccina carina ma non particolarmente affascinante del suo amico Archie. Se vi state chiedendo il perché andate al paragrafo più sopra in cui dico che forse dovrei farmi curare. In ogni caso non avrei mai potuto scrivere di Sean pensando ad Archie… no, no, no. Quanto a “Tyler”… beh, se Sean fosse stato un vampiro, questo nome gli sarebbe andato a pennello. Ma Sean NON è un vampiro, proprio NO. Continuate a non chiedervi perché a me il nome Tyler suggerisce un vampiro, grazie.
- Cambiare nome a James. Alla fine ho adottato questa soluzione, ma si è trattato di una specie di parto podalico, perché più revisionavo 436 e più mi pareva che “James” stonasse. Mi sono consolata dicendomi che almeno ero riuscita a mantenere le iniziali: JMF.
Un giorno d’estate del 2008 John è diventato definitivamente James anche al mio orecchio difficile e si è pure tolto un po’ di caligine di dosso: rimane misantropo, tenebroso e incazzosissimo, ma che io sappia non è dedito alla magia nera, pur aderendo alla corrente di pensiero che rivendica la superiorità della razza degli esseri speciali (i non-lettori di 436 leggano “streghe”) e pretende una segretezza degna di un film di spionaggio.
Per quanto riguarda l’aspetto fisico, a differenza di altri miei personaggi dei quali potrei mostrare le foto se non ci fosse un problema di privacy dei soggetti ai quali ho “rubato” la faccia, James non mi è stato ispirato da nessuno in particolare. Beh, potrei dire che è il risultato di una pozione con i seguenti ingredienti: il ghigno di Vincent Price, ma James è molto più giovane; i lineamenti di Wolverine, cioè Hugh Jackman nel ruolo di Xmen, ma James è più scuro di capelli e meno nerboruto e soprattutto non ha artigli ricoperti di adamantio; baffi e pizzetto, colore dei capelli, espressione triste-e-pensosa di Clive Owen, in una foto in bianco e nero che ho trovato sul web, se non fosse che il buon Clive ha gli occhi azzurri, mentre James li ha scuri e profondi (da qualche parte devo averlo anche scritto).
- Clive, Hugh e zio Vincent: la ricetta di James 🙂
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